Chiara Canali

Anna Lisa Ghirardi

Laura Orlandi

Marco Forni

Patrick Pii

Alberto Lavit

Le sculture sottili e smaterializzate di Gerald Moroder sono costituite della stessa roccia rossa di porfido del Monte Rasciesa, alle cui pendici sorge Ortisei. In questa sua ricerca sono i materiali di terra a essere posti in primo piano, quasi privilegiati per la loro intatta forza d’urto con l’immagine della realtà e dell’uomo contemporaneo.
Con la terra, la pietra, l’impasto di legno lo scultore vuole fare un’esperienza ogni volta diversa, pervaso dagli umori che si possono raccogliere dentro la natura produttiva del suo esistere. Attraverso queste materie antiche egli si ostina a cercare una configurazione che corrisponda al senso di una frattura con il mondo, o di una ferita, o di una lacerazione con l’esistente da colmare con un abbraccio. Per lo scultore l’importante è non sentirsi escluso dal desiderio di appartenere alla terra madre, di entrare nel suo magma e di risalire fino al cielo, portando l’opera dall’impurità terrestre alla purezza celeste, e viceversa dalla purezza dell’idea all’impurità del linguaggio.
In un ideale vortice circolare, le figure magre e longilinee modellate dall’artista sono dei fotogrammi dello stesso uomo colto in fasi successive di smaterializzazione corporea che vuole approdare a una forma di levità, di dissolvenza, di intangibilità dell’essere. La frantumazione della materia si oppone alle leggi della gravità, la torsione del corpo si riflette in un fremito verso l’alto, traducendo l’anelito verso un’entità superiore.

Chiara Canali
2011

Tra terra ed etere si muovono guardinghi


L’opera di Gerald Moroder è pervasa da una tensione vitale e da un connaturato anelito. Le sue figure, scarnite ed essenziali, sono protese verso un altrove, in cerca di una via, di una rivelazione. Sono immagini dell’essenza umana, figure senza tempo, prive di connotati che le colleghino ad uno spazio e ad un’epoca.

Anna Lisa Ghirardi
2017

Come si fa a non pensare al legno? Un giovane, oltre i quaranta, che matura artisticamente in quelle pendici splendide della Val Gardena che ha il coraggio di non usare il legno. Gerald Moroder cresce in quel luogo incantato ma è figlio di una cultura nuova, neofita contemporaneo, che osa, sperimenta, muta. La materia scelta dall’artista è composta e plasmata dalle sue mani, è il medium attraverso il quale esprime il suo sentire. La sua montagna è in quelle paste inedite fatte di pietra, di terra, di sabbia, di ferro...
Il passaggio fondamentale tra la “convenienza” di un elemento naturale precostituito in attesa di lavorazione, come il legno, e la “ricercatezza” di un preparato unico, autentico, originale. Seppur da sempre ciò che è e ciò che appare sono in dissonanza, la scultura di Moroder si afferma per il suo essere.

  • È presenza e assenza.
  • È luce e ombra.
  • È materia e anima.
  • È movimento e stasi.
  • È dentro e fuori.

“Solo la luce che uno accende a se stesso risplende in seguito per gli altri” scriveva Schopenhauer. Moroder fa suo questo sentimento di purificazione e di elevazione dell’Io. L’essere umano si fa esile, sottile e perde i connotati propri dell’espressione facciale. L’identità univoca diventa secondaria, inutile. La ricerca di Moroder conduce all’universale passando per l’individuale, ottenendo da subito un dialogo diretto e una vicinanza con l’interlocutore. Nelle sculture di Moroder ci sono i primitivi, gli antichi, gli Etruschi, ci sono milioni di stratificazioni di immagini che corrono nei nostri occhi, influenzati o meno da culture differenti, ci sono i grandi contemporanei che hanno segnato lo sviluppo della storia dell’arte in maniera indelebile fissando dei punti di svolta nella figurazione. Non può un artista diventare orfano e privarsi di tutto questo trascorso.
Moroder è figlio del suo tempo e nel suo tempo è in grado di produrre immagini nuove, straordinariamente distanti da un “prima” antico o da un passato prossimo. Stupendo il paragone con Giacometti, raffronto immediato di un occhio “popolare”, ma altrettanto distante il lavoro compiuto.
La cifra stilistica della scultura di Moroder è graffiante, vibrante, elastica e si sviluppa in una, due, tre dimensioni. Il grande Giacometti lasciamolo dietro di noi - con tutto quello che ha saputo donare - e guardiamo oltre. Gli esseri plasmati da Moroder sono sospesi in un tempo e uno spazio indefiniti, godono di un’eternità provvisoria alla quale l’umano tende. Sono figli di una Madre Terra comune che li ha generati, fatti di Anima e Corpo. Sono esseri erranti, vagano alla ricerca di quell’Essenza delle cose tanto ambita da chi è ricco di spirito. La scelta (a mio avviso ardita) di una figurazione classica in un’epoca che ha visto sparire e riapparire più volte la figura umana - seppur mantenendo l’uomo al centro di ogni riflessione, anche trasposta in termini astratti - è coraggiosa e vincente.
L’uomo e la donna di oggi si rispecchiano nelle sculture di Moroder: bellezza, bruttezza, instabilità ed equilibrio. Essere o non essere. Orgoglio e volontà. Il suo lavoro non è solo contemporaneo, non è solo esteticamente appagante, non è fine a se stesso. Moroder riesce con estrema abilità a comunicare con ognuno di noi, ad entrare in confidenza col nostro sentire e ad accompagnarci altrove, conducendoci in qualcosa di più bello di più alto. Eleva lo spirito, oltre che l’occhio.

Laura Orlandi
2019

L’uomo. La sua essenza spirituale.


Un interrogativo pervade il lavoro di Gerald: Cosa c’è prima della materialità tangibile?
Pare intento a varcare il confine del razionale, del hic et nunc, per lasciarsi trasportare dall’irrazionalità. È una sorta di esigenza recondita di ricondursi all’arché: il principio fondamentale.
È un andare via dall’immanenza, dal quotidiano, per entrare dentro di sé, per scovare ed esperire condizioni mentali. Successivamente si palesa una volontà di ritorno, nel mentre plasma le sue creazioni. L’approccio ad una idea che si trasforma un po’alla volta e si traspone negli occhi e nelle mani dell’artista. Una idea, che fatalmente diventa anche altro nel mentre prende una forma esteriore. Le forme del corpo trasposte nella scultura, sono la traduzione tangibile di un percorso interiore.
Gerald si concede di estraniarsi dalla quotidianità. Coltiva la volontà di guardarsi dentro e di dare corpo a frammenti emozionali, che abitano la propria interiorità.

Marco Forni
2016

Sono la materia e il concetto più sublime dell’Essere a rappresentare allo stesso tempo poetica e fonte ispiratrice di Gerald Moroder.
La materia, intesa come base primordiale della natura e dell’uomo, assunta per costruire con senso estetico e compiuto tutto ciò che ci circonda.
L’essere, come figura centrale dello spazio vitale o del mondo esteriore e, insieme coscienza interiore dell’umanità che in tale mondo vive, combatte, crea. Come spirito errante esso si confronta con lo spazio circostante, lo scruta, si interroga e ne indaga l’essenza. La superficie che descrive la materia è come tessuto lunare, misteriosa, ampia e apparentemente senza fine; l’essere, la sua essenza ne vengono rapiti, anche se forse con timore, se ne lasciano coinvolgere, dando vita ad un’interazione che non ha né origine né meta nel tempo.
Fin dagli inizi, la figurazione di Gerald Moroder avverte come il bisogno di divenire essenziale, di trascendere fino a smaterializzarsi e costituire spirito. Le sue linee, prima scolpite nel legno, poi formate nell’impasto di porfido, a dispetto della gravità della materia, sembrano danzare, vagare senza meta o librarsi nell’aria, inarcarsi per percorrere uno spazio indefinito. Questo stesso spazio diviene nuovo parametro fondamentale nella ricerca più recente dell’artista. La figura caratteristicamente curva o longilinea è scomparsa, ma essa continua ad abitarvi come soffio vitale, quasi ultraterrena. Ad assimilare le due apparentemente distinte produzioni, di nuovo la materia. Essa costituisce il legame dell’artista con la propria terra, dall’iniziale utilizzo del legno della tradizione locale, fino alla roccia delle sue montagne.
Il luogo che lo ha visto crescere, la Val Gardena, è lo scenario perfetto, suggerimento ed incentivo per le sue creazioni: la forza del paesaggio è infatti costante essenziale della produzione scultorea dell’artista, la durezza della roccia diviene malleabile nelle sue mani ma ne mantiene le sfumature cromatiche. Come un impressionista, Gerald Moroder coniuga questi elementi, per tratteggiare scenari che hanno per risultato affascinante poesia ed elegante energia.

Patrick Pii
2014

Moroder plasma l’unicità delle sue inconfondibili creazioni con personali e ricercati impasti, in un continuo meraviglioso e accattivante crescendo di eleganza artistica, di connubio poetico di perfetta anatomia e romantiche posture, modellato nella più alta classicità del mondo dell’arte contemporanea.
Un vero piacere per il gallerista poter convivere con tanta sublime bellezza e diffonderla nelle dimore come seme di rara cultura.

Alberto Lavit
2019